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La seta rigenerata è vegan? Lo abbiamo chiesto all'eco-influencer Cotoncri

Da quando abbiamo lanciato la capsule di maglieria fatta con un filato di seta rigenerata abbiamo ricevuto molti appunti e osservazioni su questa fibra circolare di origine animale.

Molti si chiedono: può davvero essere considerata cruelty free o vegan la seta, un materiale rigenerato, che ha però origine da fibre vergini che hanno richiesto il sacrificio e/o lo sfruttamento di animali?

Inoltre i più sensibili si oppongono a queste fibre rigenerate, perché sostengono che necessitano comunque il consumo di materiale vergine, incentivandone indirettamente la produzione.

bachi da seta

Così, un po' come avevamo già fatto per la lana e il cashmere rigenerato, chiedendoci se potessero essere considerati vegan, abbiamo chiesto un'opinione ad un'esponente di questa filosofia.

Questa volta abbiamo deciso di approfondire il tema seta vegan, insieme a Cristina Cotorobai, eco-influencer vegana, meglio conosciuta su Instagram come Cotoncriche tratta ormai da anni questi temi.

Innanzitutto però qualche piccola premessa necessaria sulla produzione della seta: 

Dove e come si produce la seta vergine

Dove: Un tempo la seta veniva prodotta anche in Italia, in particolare nella zona di Como. Poi dal dopoguerra fino agli anni 70, è iniziato un processo di accentramento della produzione della seta in Asia. Ad oggi infatti circa il 60% della produzione mondiale ha luogo in Cina, il 26% in India e il intorno al 2% in Uzbekistan.

lavorazione seta asia

Come: La seta è costituita da un resistentissimo filamento di cheratina, prodotto dalla larva di una farfalla. La più comune che produce una delle sete migliori è la Mori Bombyx, che viene allevata e nutrita con foglie di gelso, che conferiscono la tipica lucentezza al tessuto.

Il processo tradizionale della produzione della seta è quanto di più lontano dal cruelty free. Prevede infatti che i bozzoli di questo insetto siano prelevati prima di schiudersi e che gli insetti siano uccisi attraverso la tecnica della stufatura ad alte temperature. Successivamente il bozzolo viene bollito, per separare la parte gommosa e poter estrarre facilmente i filamenti della fibra, cosiddetti a bava continua.

Esiste una seta vergine cruelty free?

Non è necessario sacrificare i bachi nel bozzolo per produrre la seta, ma sicuramente è più semplice da un punto di vista dei processi. Quindi sì, esiste anche una versione cruelty free della seta vergine. In questo caso si lascia che la larva compia la sua trasformazione in farfalla ed esca dal bozzolo. I filamenti di seta ricavati dal bozzolo danneggiato sono detti a bava interrotta. Ciò significa che invece di avere un lunghissimo filamento continuo, è necessario recuperare i vari frammenti e filarli insieme. Un processo più laborioso che rende il filato meno lucente, quindi non molto gettonato dai produttori di seta.

Esempi di seta cruelty free sono la seta Ahimsa (che in indiano significa non ferire), prodotta dai bozzoli danneggiati, e alle volte la seta Tussah, un baco allevato in modo selvatico che invece di nutrirsi di foglie di gelso si nutre di foglie di quercia, che rendono più grezzo l'aspetto del tessuto. Molto spesso la seta cruelty free coincide con la seta organica, per la cui produzione non vengono utilizzati fertilizzanti e prodotti chimici e gli insetti vengono lasciati liberi di compiere il loro ciclo di vita.

bozzoli bucati bachi da seta

Come viene prodotta la seta rigenerata

Per produrre un'alternativa di abbigliamento in seta che potesse essere sostenibile sia da un punto di vista ambientale che per gli animali, abbiamo scelto la seta rigenerata da scarti industriali. Nel lessico serico, ovvero del settore della seta, questi scarti sono la “strazza floscia”, in quanto sono utilizzati solo gli scarti di quel filato con poca torsione, meno compatto, e quindi più semplice da riciclare attraverso il processo di cardatura.

La seta rigenerata viene, in questo caso, ricavata dagli scarti di lavorazione della filatura della seta greggia Mulberry, una tipologia di seta che viene prodotta proprio bollendo i bachi da seta per estrarre il filamento.

 

Un dettaglio della capsule in maglieria di seta rigenerata Rifò |

In questo momento ti starai chiedendo perché abbiamo fatto questa scelta. Non esisteva una seta rigenerata che avesse un'origine completamente cruelty free?

Purtroppo no. Come diciamo sempre essere un brand di moda sostenibile è come essere degli equilibristi, è cercare sempre il miglior compromesso tra etica e mercato. Nel settore della produzione massiva della seta, è molto raro incontrare processi etici e vegan. La grande maggioranza delle aziende scelgono il processo di bollitura dei bozzoli, e questo rende molto difficile trovare una seta riciclabile e cruelty free all'origine.

Da questo aspetto controverso sono nati tutti i dubbi che questo materiale ha generato nel nostro team e nella nostra community, per esempio:

La seta rigenerata può quindi essere considerata cruelty free?

Dal momento che per produrre un materiale sono stati sfruttati degli animali, è accettabile riutilizzarne gli scarti?

Abbiamo quindi deciso di lasciare la parola direttamente a chi ha scelto di seguire la filosofia vegana e ne parla ogni giorno con la propria community. Ecco cosa abbiamo chiesto all'amica eco-influencer Cotoncri, super attiva nella sensibilizzazione verso questo stile di vita e sul tema degli impatti della moda sul pianeta.

 

L'eco-influencer Cotoncri |

Consideri le fibre tessili rigenerate in linea con la tua filosofia vegan anche se la loro origine è animale? Se sì, perché?

Tutto ciò che viene prodotto senza sfruttamento animale e con metodi produttivi a basso impatto ambientale, rientra nella mia personale filosofia veganaCredo nell’importanza della rigenerazione delle fibre visto l’enorme impatto degli scarti che l’industria tessile provoca. Una pratica che non solo recupera un materiale nobile che, se andasse sprecato, avrebbe reso la sofferenza degli animali del tutto invana, ma permette la realizzazione di capi destinati a durare nel tempo incoraggiando un consumo responsabile.

Pensi che a questo proposito esista una linea di pensiero comune nel mondo vegano? Conosci persone vegane che non accetterebbero la seta anche se rigenerata?

La filosofia vegana è ampia ed elastica. Ognuno l’abbraccia in modo singolare e questo rende le scelte quotidiane diverse, eppure tutte valide. Quel che accumuna chiunque invece, è il desiderio attivo di liberare gli animali da ogni forma di sfruttamento. Qualcuno lo fa rigettando qualsiasi pratica che lo possa anche solo ricordare, per esempio indossare la lana rigenerata. Altri, come me, abbracciano un approccio meno restrittivo. Non manco mai però di specificare, quando qualcuno mostra interesse verso ciò che indosso, che le fibre dei miei capi sono rigenerate e quindi cruelty free, oppure vintage! La buona influenza è fondamentale.

La produzione della seta vergine richiede l'uccisione dei bachi da seta, che vengono bolliti vivi per poter estrarre i filamenti dal bozzolo. Credi ci sia differenza per un vegano tra la seta e la lana vergine, che invece non implica l'uccisione della pecora?

Assolutamente no. Esattamente come non c’è alcuna differenza tra il consumo della carne di gallina e l’uovo che ha prodotto nelle stesse condizioni di sfruttamento. Non è solamente la morte a rendere un prodotto immorale, poco etico, bensì ogni attimo di esistenza impregnato di sofferenza e sottomissione.

bozzoli e bachi da seta

Cosa pensi dei materiali sintetici come alternativa per un abbigliamento in linea con i principi vegani?

Ho maturato nel tempo la convinzione che non tutto quel che evita lo sfruttamento animale è di fatto innocuo per gli animali stessi. I materiali sintetici sono di gran lunga i più diffusi nell’industria tessile. Secondo uno studio della Ellen MacArthur Foundation, l’abbigliamento sintetico scarica ogni anno mezzo milione di tonnellate di microplastiche negli oceani, una quantità paragonabile a circa 50 miliardi di bottiglie di plastica. È palese che questo intacchi il benessere animale, mettendo a rischio specialmente le specie in via d’estinzione. Quindi finché le alternative vegetali non saranno disponibili e/o più facilmente reperibili, sono convinta nel sostenere la pratica della rigenerazione delle fibre animali. 

Conclusione

Siamo convinti che il dialogo costruttivo sia sempre qualcosa che genera nuove idee. Per questo crediamo che al di là delle posizioni di ognuno, il dibattito sulla seta rigenerata che è emerso dopo il lancio dei nostri nuovi capi possa rappresentare un passettino in avanti nell'ambito della sensibilizzazione sulla moda sostenibile e vegan.

Un grazie speciale a Cristina che ha arricchito questo articolo con il suo personale punto di vista sul tema filosofia vegan & fibre rigenerate di origine animale.

Tu lo hai trovato interessante? Vorresti condividere altre idee o aggiungere qualcosa? Scrivicelo nei commenti.

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