Fin dalla sua nascita Rifò ha scelto come uno dei suoi pilastri fondanti quello di produrre tutto localmente. Questo è possibile grazie alla collaborazione con una rete di artigiani locali, situati nel raggio di pochi chilometri dal nostro ufficio di Prato.
Qualità, Sostenibilità, Responsabilità, è il nostro motto. È proprio nella scelta di materiali durevoli e naturali, lavorati con cura da mani artigiane, che risiede il significato di Qualità per noi.
Lavorare quotidianamente con aziende tessili, principalmente artigiane, ci porta però a confrontarci con un settore in sofferenza, che lamenta incertezza sul futuro e difficoltà a trovare nuova manodopera per continuare a portare avanti la tradizione del Made in Italy.
In questo articolo di blog siamo andati a cercare qualche dato per indagare un tema a noi caro del quali captiamo dei campanelli di allarme: la produzione tessile Made in Italy sta scomparendo a poco a poco?
Siamo così partiti dal luogo che conosciamo di più, il distretto tessile di Prato, un caso di studio che conta 7000 aziende per oltre 20000 addetti. Qui si trovano circa il 9% delle aziende artigiane che producono lavorati e semi lavorati tessili in Italia.
Guardando i dati delle associazione di categoria locali e ascoltando le testimonianze dirette degli artigiani locali, la situazione sembra essere davvero poco rasserenante. Di questo passo, nei prossimi 10 anni, le aziende del Made in Italy che attualmente custodiscono i saperi e le competenze che hanno da sempre contraddistinto la qualità fatta in Italia, potrebbero non riuscire a tramandare le tradizioni che hanno fatto la loro forza.
Sempre meno aziende a conduzione italiana
Guardando i dati di Camera di Commercio di Prato e Pistoia emergono due elementi, apparentemente in contrasto.
Nell'arco di 9 anni, dal 2013 al 2022, le aziende del comparto moda a Prato sono rimaste stabili in termini unitari.
Quello che però è molto diminuito è il numero di imprese a conduzione italiana. Dal 2013 al 2022 questo numero è calato del 30% passando da 3329 a 2354 unità. Una diminuzione che raggiunge il 36% se si considerano solo le imprese artigiane.
Ciò che significa che ci sono molte aziende italiane, piccole e medie imprese, che chiudono senza che ce ne siano di nuove ad aprire. Perché questo accade?
Un ricambio generazionale che manca
La triste verità è che non sempre le aziende chiudono perché in perdita. Spesso anche se sane, i margini di guadagno sono comunque troppo bassi e il titolare preferisce chiudere o liquidare l'azienda piuttosto che passarla ai figli.
Ma non sono solo il numero di imprese che non ce la fanno più a sopravvivere a darci l'idea del problema della scomparsa progressiva della produzione Made in Italy, c'è un altro elemento che è indicativo di mestieri che sono in pericolo.
A testimoniare che il settore è in crisi c'è anche la difficoltà a trovare operai e artigiani specializzati che possano aiutare il settore a proiettarsi nel futuro.
La domanda per questo settore esiste, si tratta infatti di profili interessanti per le imprese. Nel 2022 quasi il 64% delle aziende del settore tessile a Prato afferma di averne cercati. Se domanda e offerta si fossero incrociate questo avrebbe portato all'attivazione di circa 6410 posti di lavoro. Non è così semplice però, infatti l'indice di difficoltà di reperimento (il rapporto tra il numero di assunzioni che le imprese ritengono difficili da coprire sul totale di quelle previste) è di più del 97%, secondo CNA Toscana Centro.
Ascoltando il parere di molti artigiani locali la situazione è chiara: gli anziani vanno in pensione e difficilmente si trovano giovani che hanno l'intenzione di portare avanti questi mestieri. A testimoniare questo fatto un articolo del giornale locale Il Tirreno, che riporta i dati di Confindustria Toscana Nord e dichiara che il 40% della forza lavoro nel tessile a Prato ha più di 50 anni.
Mestieri che rischiano di scomparire
Esistono professioni tipiche dell'artigianalità tessile italiana che vengono svolte solo da persone già in età di pensionamento.
È il caso della rammagliatrice per esempio, un mestiere tipicamente femminile che è davvero un ottimo caso di studio per descrivere come un certo tipo di artigianalità fatta bene e con cura rischi di scomparire in pochi anni.
Le professioni artigianali hanno perso appeal per i giovani
Durante le occasioni di confronto che ci è capitato di avere con gli artigiani con cui collaboriamo, ci viene riferito che da una parte i percorsi scolastici non sono abbastanza specializzanti e l'offerta formativa non risponde alle esigenze delle imprese, dall'altra sembra mancare la volontà da parte delle nuove generazioni di intraprendere questi percorsi professionali.
Parlando con gli artigiani ci è capitato di ascoltare questa testimonianza: i giovani che escono da scuole professionalizzanti mancano di competenze specifiche ma soprattutto spesso non sono preparati per affrontare i percorsi di formazione, che possono richiedere una lunga gavetta.
La probabilità che un ragazzo appena uscito dalle scuole superiori abbandoni poco dopo l'inizio del tirocinio sembra essere molto alta, perché non c'è una vera attrazione per i lavori manuali da parte delle nuove generazioni.
I mestieri artigianali invece richiedono anni di impegno, di passione, prima di diventare esperti e davvero competenti nel proprio campo. Si tratta di percorsi lunghi, che però restituiscono molto. La soddisfazione di creare qualcosa con le proprie mani e con la propria testa, progettando, molto spesso aiutando il designer a mettere in pratica la propria idea, è un'attività capace di dare una soddisfazione immensa a chi la pratica.
E la paga non è più bassa rispetto a quella di un neolaureato. AlmaLaurea testimonia che la paga media di un neolaureato si attesta sui 1600 euro al mese, più o meno uguale a quella di un operaio appena entrato nel mondo del lavoro nel tessile, secondo questo articolo, e con l'aumentare degli anni e della seniority può arrivare fino a più di 3000 €.
Forse queste professioni meritano di essere prese maggiormente in considerazione dalle nuove generazioni?
Sostenere il ricambio generazionale per la produzione tessile Made in Italy
Sostenere il ricambio generazionale, valorizzare mestieri bellissimi ma molto spesso screditati, è uno dei nostri più grandi impegni, oggi e per il futuro di Rifò.
Non vogliamo essere solo un brand che vende abbigliamento, vogliamo avere un impatto e portare un cambiamento, pur piccolo che sia.
Abbiamo iniziato con Nei Nostri Panni, il progetto di impatto sociale che abbiamo costruito insieme a diversi partner e istituzioni locali. Grazie ad un interesse sincero delle aziende verso questa iniziativa, oggi abbiamo finanziato l'inserimento lavorativo nel settore della rigenerazione tessile a Prato un totale di 12 migranti, che si apprestano a diventare nuovi cenciaioli e filatori.
Altrettanti sono in fase di selezione per la nuova fase del progetto, che ha proprio l'obiettivo di creare un ricambio generazionale e stimolare l'integrazione nella società di persone in difficoltà.
E non ci fermiamo qua, stiamo pensando a una scuola di maglieria, magari destinata a figure femminili che vogliono rimettersi in gioco nel mondo del lavoro. Sono sogni per ora, ma riusciremo a renderli concreti grazie a tutte le persone che vorranno sostenerci attraverso l'acquisto dei nostri capi etici e rigenerati.
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