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Sostenibilità ambientale ed economica, come si mantiene l'equilibrio?

Rifò ha compiuto 8 anni lo scorso Novembre.

8 anni di crescita... Ma per cosa?

 

8 anni che cerchiamo di proporre un modello di produzione e consumo etico di abbigliamento. 8 anni che cerchiamo di portare le persone con noi dentro alle scelte di qualità, sostenibilità e prezzo che entrano in gioco quando si vuole produrre eticamente vestiti, scegliendo materiali che rispettino il pianeta. 8 anni che sempre più ci interroghiamo su come sia possibile rimanere sostenibili e allo stesso tempo crescere economicamente. E forse la domanda è prima di tutto: ma crescere per cosa?

 

Per noi crescita infatti non vuol dire aumentare i dividendi, il fine non è quello di arricchirsi, o fare speculazione finanziaria. Gli obiettivi che abbiamo sono semplicemente stare sul mercato proponendo una reale alternativa sostenibile di abbigliamento; creare un ambiente di lavoro sano che tenga conto di un living wage reale; e provare a sensibilizzare e innescare un cambiamento per il futuro.

 

Bene, sono 8 anni che ci interroghiamo. Non abbiamo delle vere risposte, ma considerazioni frutto dell'esperienza, sì. Quindi per chiudere l'anno (e anche per iniziare il nuovo), vorremmo condividerle con i più curiosi che se la sono sentiti di cliccare su questo link. Nonostante le feste.

 

Perché è difficile mantenere un equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica?

Se la intendiamo in modo rigoroso, la sostenibilità “vera” avrebbe una risposta brutale: per azzerare l’impatto dovremmo smettere di produrre e smettere di consumare. Ogni capo nuovo, anche il più “virtuoso”, richiede comunque energia, trasporti, lavorazioni, e genera emissioni e rifiuti lungo la filiera. Il punto è che questo scenario, oggi, non è compatibile né con i bisogni delle persone né con la tenuta economica e sociale: lavoro, redditi, filiere, competenze, territori.

Per questo, quando parliamo di equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica, stiamo accettando un fatto: non stiamo cercando lo zero assoluto, ma una riduzione reale e continua dell’impatto, tagliando sprechi e sovrapproduzione, aumentando durata e qualità e incentivando la riparazione, e spostando il valore da “più volume” a “più uso”. È un percorso di coerenza: produrre meno, produrre meglio, e soprattutto consumare molto meno, ma in modo più consapevole.

In sintesi: ok la crescita economica per esistere, ma la crescita del nostro impatto positivo sull'ambiente e sulla società invece? Perché non viene considerata mai abbastanza per misurare il buono stato di un'azienda o anche dell'andamento economico di un'intera regione? Forse dovremmo iniziare a concentrarci su questo per generare un vero cambiamento.

Quanto può crescere un brand sostenibile?

Prendendo però sul serio l’idea di “equilibrio”, allora la crescita e la marginalità di un brand sostenibile dovrebbero avere anche un tetto fisiologico. Perché oltre una certa soglia, la logica cambia: non si parla più di coprire costi reali, pagare correttamente la filiera o garantire stabilità e anche crescita economica per i dipendenti, ma di estrarre valore solo perché il mercato lo consente. Si tratta della differenza tra logica estrattiva e rigenerativa.

Per questa ragione uno dei maggiori obiettivi che ci poniamo per il 2026 è quello di fornire ai clienti informazioni reali e tracciate sulla composizione dei nostri prezzi.

Per ogni capo del nostro catalogo vorremmo rispondere alle domande: quanto incide su questo prezzo la produzione? Quanto il materiale? Qual è il margine di Rifò? Si tratta di un progetto importante e molto impegnativo da un punto di vista di tracciabilità e affidabilità delle informazioni, per il quale tutto il team Rifò sarà coinvolto.

Essere sostenibili è un risparmio o un costo in più?

Essere sostenibili, per un brand, è tendenzialmente un costo in più, ma a volte può essere anche un risparmio, in base al punto di vista.

Da un lato, scegliere in modo coerente fornitori, materiali e produzioni significa affrontare costi più alti: artigiani che lavorano in modo etico e attento ai loro impatti, materiali tracciabili e certificati; ma anche banalmente acquisti di qualunque tipo, essenziali per la vita e l'attività di comunicazione di qualunque azienda, che che evitino la grande distribuzione. È anche per questo che i prezzi possono essere percepiti come più elevati: riflettono un costo reale di filiera e di coerenza, non solo una scelta di posizionamento. 

Dall’altro lato, però, la sostenibilità diventa anche una leva di efficienza quando si traduce in meno sprechi: ridurre sovrapproduzione e invenduto, limitare sconti obbligati, evitare capitale fermo in magazzino. Strumenti come la prevendita e una migliore previsione del venduto aiutano proprio in questo: produrre più vicino alla domanda reale, con meno stock e meno “correzioni” a posteriori. 

E quindi come si bilanciano questi due aspetti? Purtroppo i costi di una produzione che rimanga coerente con valori di sostenibilità incide molto di più sui costi (e quindi di conseguenza sulle vendite e sul fatturato), rispetto ai risparmi che possiamo avere evitando gli sprechi e ottimizzando le risorse. Per esempio ecco un falso mito con cui ci troviamo a combattere molto spesso: "Ma se è riciclato perché costa tanto?". E la risposta è molto semplice: perché anche il riciclo, come qualunque passaggio produttivo ha un impatto ambientale, e un costo economico.

Mantenere un equilibrio al fine di essere sostenibili economicamente non è facile ma è la nostra missione. L'unico modo per farlo è sensibilizzare le persone, far sì che scelgano la nostra alternativa, nonostante una concorrenza al ribasso, che non si preoccupa del pianeta.

 

La nostra visione per il 2026: sempre meno un brand sempre più un servizio di economia circolare

Se il punto di partenza di questo articolo è che la sostenibilità perfetta coinciderebbe con il produrre e consumare sempre meno (o anche niente), allora la direzione per il 2026 è naturale: non vogliamo limitarci a “vendere capi”, ma ridurre lo spreco complessivo di risorse offrendo alternative più intelligenti al consumo continuo. 

In questa visione, Rifò diventa sempre più un servizio di economia circolare: un sistema che aiuta a comprare meno e meglio tramite la prevendita, a usare più a lungo grazie alla riparazione, a rimettere in circolo con la raccolta e la rivendita dei vecchi capi, e a tenere insieme impatto e sostenibilità economica senza trasformare la sostenibilità in un pretesto per la speculazione. Perché l’equilibrio, per noi, non è crescere all’infinito: è creare valore reale.

 

 

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